Avevo uno zio
che spostava le nuvole.
Sono un mago
diceva
guardate bambini!
Con un gesto deciso
gli ordinava di andare.
E noi tutti incantati
con il naso all ‘ insù,
nelle sere d’ estate
profumate d’infanzia.
Tanto attenti
a seguire le nuvole
che
lo zio mago
con un guizzo veloce
di dita
ci sfiorava leggero
un orecchio
e voilà!
Nei capelli intrecciati
c’ era nascosta
una caramella
ma da quando?
Nelle sere d’ estate
profumate di stelle
si attendeva la quiete
dei sogni leggeri
e l’incanto del cuore sospeso.
Vorrei un cappello
dai mille colori
da indossare ogni volta
che il mio cuore si arrende
al mantello pesante
dei crepuscoli oscuri.
Vorrei un cappello
dai mille colori
da lanciare per aria
gioiosa
nell’istante esatto in cui
brilla la stella che
abbaglia il sole
felicità.
Non ho pane
da venderti
ma ho un racconto
se vuoi ascoltare.
Ti parla di un destino
e di una cesta in cui
sono riposti
colori e pane.
“Siamo
meravigliosamente
screziati
tessuti d’infinito.”
Nella penombra della stanza
chiusa al sole di luglio
profuma un ricordo
che parla di antichi sapori.
Una notte d’estate
d’intenso aroma feconda
leggera e stellata
e Venere a guardia.
E ho voglia di andare
per strade di nuove speranze
fermarmi e partire
secondo gli umori
altre strade
tra papaveri e glicini
dove un mimo racconta
le tue lune sul prato
discese.
Solo sapessi
come svuotare
questo straziato cuore
di dolore,
perché da me
non sono ancora giunta.
Dentro la musica,
dentro i colori,
nel cuore giallo
del profumato fiore,
io ti sento,
perché anima sei
nella mia anima
e il tuo richiamo è vivo,
dentro ogni uccello
che sento cantare,
nel vento che ha in sé
i respiri del mondo.
Perché le cose che parlano
al cuore
sanno di te,
perché anima sei
nella mia anima,
ponte celeste
sull’eternità.
(a mio padre) 2004
Struggente
ritorna dall’oblio del tempo andato
il filo caldo
della tua voce.
Quanto dolore
questa nostalgia
perché dolore
è stato.
Eppure, senza te,
non sarei questa
e ancora ti ripenso
come un dono
perché nulla è per nulla.
Ho respirato,
l’aria rarefatta
dell’essere per essere
e delle antiche stelle.
Ho camminato
nel buio della notte
per sentire il freddo
sul mio viso.
Ho scavato
così profondamente
da scorgere lo scheletro
dei miei pensieri
e gli orizzonti ai quali
non posso rinunciare.
Senza di te
non sarei questa
e nel mio divenire
c’è l’incauta giovinezza,
ormai sopita
e la struggente voglia
di spingersi più in là
dentro il respiro.
(6 aprile 2004)
Eri mia madre,
e sul tuo seno
piccola,ho dormito
ed il tuo viso
avrò accarezzato.
E tutto il bene
e tutto il male
in mezzo,
al principio e alla fine
l’unico gesto
d’infinito amore.
Ho disciolto il mio cuore
in quell’unica
ultima carezza
e al tuo viso ho appoggiato
la mia intera vita.
Fra i tuoi capelli
ancora scuri
ho lasciato
tutto l’amore
che non ci siamo dette.
(settembre 2005)
Ho sete di nuvole
mamma
perché l’amore dato
come le nuvole
è fatto di niente
ma crea disegni
immaginifici
che toccano
le estremità del cielo.
Nel cuore
della dolorosa notte
ho sentito il mistero di Dio
avvolgermi e scaldarmi.
Come ali bianche
le sue pietose mani
mi hanno sorretto
col pane della fede
e l’acqua della vita.
Forte
come l’incenso che riempie le chiese
e colma l’anima
di pensieri puri.
Siamo un gesto, un respiro,
lo sfavillio di un lume,
siamo eterno ed effimero
polvere e cielo
siamo
un segno.
(a mio padre) aprile 2004
La piazza è colma
dorme la vecchia madre gemendo
la musica comincia
si rigira il vecchio padre nel letto
il mare ha voce
per chi vuole ascoltare
ma è serrato l’uscio di casa
e la musica entra
dalla finestra socchiusa.
Protendo le braccia
e il sole mi avvolge.
La sua luce
è
straordinariamente
accesa.
Indugia
tra ciglia e ciglia
si placa
dentro l’ultimo angolo d’iride.
E scava
profondamente
come angoscia lucida
quasi ridente.
Penetra
disorientandoti
come le risonanti note
di un flauto nascosto.
Chissà dietro quale
colonna del cortile antico.
Momento per momento
ti confonde
ti cattura
ti solleva
magicamente.
Guarda lassù
amore mio
dove gli uccelli solcano i cieli
dove le dita si disegnano e toccano
l’infinito intoccabile.
L’infinito, amore mio,
me lo dai tu.
Apri le tue braccia
come il gabbiano
che abbraccia il vento
e grida il suo volo.
Quando potrò
quando potrò riabbracciarti?
In quale punto il destino
vorrà ancora riunirci?
Guarda lassù
amore mio
dove gli uccelli solcano i cieli
dove le mie dita si disegnano
e toccano
le tue dita.
Onde di pianto
investono l’anima
e lo sciacquio risuona.
Tu stringi le braccia
intorno al seno,
sono un gabbiano
le tue labbra,
il tuo sguardo
un acuto stridio.
Terra di ulivi
e di silenzio
di roccia grezza
che si lega alla roccia
in te
ho assaporato
il Getsemani
dell’anima.
Sul tronco antico
di un ulivo
ho pregato e pianto
di quel pianto sommesso
e lacerato
dell’uomo senza speranza
senza conforto
senza più rive.
Ti ho chiesto
pace
ti ho donato
la sofferenza sottile
del mio vuoto.
Tra gli aranceti fitti
e profumati
c’era la fonte
limpida e scrosciante
lì si andava
a rinfrescare il viso
e con le brocche vuote
da riempire.
Sull’orlo della brocca
color del sole acceso
la foglia di un arancio.
Di pane caldo ed olio
sapevano le stanze
e l’aria
di rosmarino e salvia
di mosto e fichi secchi.
Nei sacchi ruvidi
di grezza tela scura
fagioli e fave
ceci e lenticchie
l’oro del popolo
l’oro che non brilla.
Là dove il tempo cammina
e non corre
là tra carrube
e mai sopiti profumi
nascesti tu
e là ti vedo
seduto
sotto il verde olivo
sereno e sorridente
ad aspettare.
Un bambino suona
un’armonica
tremula voce nel pomeriggio
di settembre.
Apre un varco nella mente
mia, conturbata,
è una stella remota
che ricordo
e ritorna.
Negli occhi dei miei desideri
danzo ancora felice
sulla nota più alta
cade il ritmo del suono
e su essa il pensiero stringe
la tua mano alla mia.
Fugge presto il mio sogno
come fugge il bambino
la sua armonica
tace.
Non pensarmi
nel momento dei no
nel momento dei forse e delle paure
o quando l’odio sferza
sulla faccia e nel cuore degli altri
certo che non puoi vedermi
né puoi capirmi, vera,
ma sotto falsa immagine
eppure così mia.
Non pensarmi
se non quando mi scuote
voglia di danze gitane
e fianchi nudi
circondati da colorate sete
e braccia disegnanti il vuoto
con gesta morbide
e nervose ancora.
Quando i passi cadono l’un l’altro
in un intreccio magico
creato dalla musica
o solo dal pensiero più vitale
e volteggiando piroetto
propagandomi allo spazio
col sorriso più puro
fino a far coincidere il mondo
con lo spazio racchiuso
dentro la mia gonna
che a ruota
confonde i fiori disegnati
nella marea veloce della danza
e un prato immenso pare
e di prato mi sento vestita.
Ronza l’ape
canta la gazza
oscilla il ramo
carico di olive.
Il vento penetra
tra foglie e pergolati
ora dolce e sinuoso
ora rude e sferzante.
Io taccio e ascolto
sento
d’esser foglia
tra le foglie.
Tacite lune
scopriranno il mio oceano
silenzi e parole
diverranno poesia
rivedo il sorriso
sulle mie labbra
sono sicura
esso vive per te.
Rifuggo dal pianto
che non ha fine
libellule d’anima pura.
Aiutami ora
notte d’argento
pensiero che domini
così dolcemente.
Giovanni baciato dal sole.
Cantori dell’est,voi non sapete!
Colmerò mani e occhi e cuore
col meglio del meglio
col meglio che so.
Vorrei raccontarti
degli occhi
che ho visto.
Di quei cuscini
ormai vecchi,
con un sole bambino
e dei fiori a punt’erba
teneri fiori
a tinte pastello.
Delle stoffe fiorate
di quegli occhi
stupiti.
Di quei cuscini
ormai vecchi
con un sole bambino
coi gatti e le case
gli alberi verdi
su fondi di cielo,
e gli occhi dei gatti
fissi
presenti
dolcissimi
vecchi bianchi bottoni
cuciti da tempo,
bottoni di vecchie camicie.
E la carta stagnola
sui piccoli vasi di fiori
finti
e i vasi sui centri.
La bambola ride
con le sue gote rosse
bambola antica
vestita a festa
tra pizzo e pizzo
polvere e tempo
e accanto
il suo sposo.
Pagherò ciò che vuoi
per quei cuscini
con un tenero
sole bambino.
Penso a un cortile
ampio e luminoso
disegnato da colonne bianche
come neve
a centinaia
un cortile senza parola
nel cui centro
un tappeto di margherite
tenere
punteggia il verde
più fresco e intenso.
Scintillii di rugiade
tra filo e filo d’erba
corolle color del sole
gonfie di polline.
Lontano,in aperta campagna,
un cinguettio pacato
quasi una ninna nanna.
Profumo di campi e sole.
Inventami una storia
ma che sia forte di dolcezza
che mi dia un respiro di scorta
che sia vera
come le gocce di pioggia sul tetto
e sulle foglie
come la rugiada sulle rose
inventami un’idea d’arcobaleni
trasparenti
di vapori mattutini
e di acuti sentori
di parole nuove.
Inventami un palcoscenico di vita
dove io possa innalzarmi e danzare
sul suono dei miei desideri.
Il principe riposa
con il suo volto magro,
ricordi il suo sorriso?
Ricordo la sua mano
calda, benevola,
lo sguardo silenzioso,
chiuso in quel viso,
così e per sempre,
signore della morte.
E la sua sposa
accanto
di speranza e coraggio
regina,
vivace e indomita
eloquente lo sguardo,
forte della sua vita
mai conobbe la resa.
Ricordi il suo profumo?
Così e per sempre accanto
Il principe e la birichina.
(26-09-2005)
Sul tuo viso
qualche ruga di più
forse
ma non ne sono sicura.
E’ come un’impressione
che svanisce in fretta
e così in fretta
che credo aver sognato
di aver fantasticato.
Ma i tuoi capelli
sono meno soffici
anche se il vento li scompiglia,
e paiono un cielo
screziato di stelle
o come brina al mattino
di grigio tenue imperlato.
Forse
ma non ne sono sicura,
è che
se io ti stringo
tra le mie braccia
sempre più credo di aver stretto
il tuo animo
non le tue spalle,il tuo corpo,
il tuo viso,
ma la tua essenza,il tuo mare,
il tuo credo.
E sempre più è profondo
col passare del tempo
e più ti sento trapassarmi l’anima
e aderire
non al tuo involucro
ma a quell’insieme di trame e sogni
a quell’alone che porti
negli occhi
ai tuoi respiri,
alle forze che muovono
i tuoi gesti.
Così il tuo viso
sarà velato da rughe
e i tuoi capelli,bianchi di luna,
ma a quel punto
sarò così in te
e tu così in me
che non potrò più vederti
con gli occhi stanchi del corpo
ma ti vedrò
con gli occhi del mio amore.
E sarai bruno e giovane
col viso acceso di vita e di amore
e,questa volta,
sarò sicura
di vederti proprio
come ti sento.
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